domenica 2 ottobre 2011

Un vecchio articolo su Castellani e “IL Brigante”




Sopra il cartellone del film. Sotto, una foto scattata durante le riprese a Piazza San Francesco, conservata nell’Archivio Storico del Cinema


Articolo del prof. Giuseppe Gubitosi, Docente di Storia della Comunicazione di massa dell’ Università di Perugia.



I BRIGANTI NEL CINEMA ITALIANO DEL DOPOGUERRA



Chi voglia capire su quali presupposti si fonda l'idealizzazione della figura del brigante - e in particolare del brigante meridionale - nei film italiani può utilmente vedere il film del 1962 Il brigante, che Renato Castellani trasse dal romanzo di Giuseppe Berto, intitolato anch'esso Il brigante, edito per la prima volta nel 1951 e a sua volta ispirato da un fatto di cronaca.


Per circa tre quarti del film il protagonista, Michele Rende, non è un brigante, ma un bracciante di Grupa, un paesino della Calabria, che esercita su coloro che lo conoscono un grande fascino per la sua fierezza. Non solo le donne si innamorano di lui, ma egli esercita il suo ascendente anche sugli uomini. Riesce facilmente a convincere un affittuario a prenderlo come bracciante in un momento in cui tutti si rifiutano di lavorare per lui perché è stato loro ordinato da un uomo potente del paese. Ancor più significativo è il rapporto di profonda simpatia che Michele Rende stabilisce con Nino, il ragazzo che è anche la voce narrante del film. Questo rapporto è così forte che dal momento in cui Michele Rende viene arrestato con l'ingiusta accusa di essere un assassino, Nino diventa cupo e silenzioso.


Ma ancor più importante è il carisma in virtù del quale Michele Rende trascina i contadini dei paesi attorno a Grupa ad occupare le terre incolte di proprietà di un barone assenteista. Un barone che nel film non appare mai di persona, anche se si sente il suo enorme potere. L'antagonismo tra Michele Rende, uomo visibile a tutti, un lavoratore come gli altri, e il barone che, come una divinità, non si vede mai ma è sempre nominato e temuto da tutti, è il tema principale del film e del romanzo di Berto.


Perciò l'episodio principale della seconda parte del film è l'occupazione delle terre, diretta e organizzata da Michele Rende. È a seguito di questa occupazione che Michele diventa un brigante. Viene incriminato per un vecchio delitto, presumibilmente compiuto durante il fascismo, un'accusa dalla quale si era liberato dopo essere stato rimesso in libertà dagli Alleati durante la guerra. Rende ha anche combattuto con gli americani e con grande valore. Ha persino meritato una medaglia d'argento al valore militare. Sono queste caratteristiche, la fondamentale e naturale onestà di Michele Rende e il suo diventare un brigante, che fanno di lui un antieroe. Infatti nell'ultima parte del film Michele diventa un fuorilegge che uccide, incendia masserie e campi coltivati. Lo diventa perché viene ingiustamente arrestato dopo aver capeggiato l'occupazione delle terre a Grupa:


Hanno arrestato a me perché non potevano arrestare tutti gli altri - urla Michele ai carabinieri -. Cento, duecento, carcerarli, cacciarli dalla terra senza passare per bugiardi dopo queste promesse di libertà e giorni nuovi. Patàro l'hanno ammazzato, ma gli altri? Allora che facciamo? Ma sì! C'è Michele Rende con una vecchia condanna. Chi ci pensa se è vecchia? Chi ci pensa se è giusta o non è giusta? Chi ci pensa perché non l'ha finita? Se ha fatto la guerra? Se ha messo a repentaglio la vita dietro le linee. [...]. E bravo! E sei un eroe! E la bella medaglia d'argento al valor militare! Perché cacciato lui, la paura caccerà via pure gli altri. E così è stato. Che questi la paura ce l'hanno da secoli! La paura ci ha messo le radici nel cervello, nel cuore. Hanno paura di tutto: del padrone, della fame, del giorno dopo.


Poiché ha capito che le promesse di libertà degli Alleati erano illusorie, Michele sceglie di mettersi contro lo Stato, contro la legge, contro la proprietà terriera e contro gli stessi contadini. Non a caso mentre lui provoca ovunque incendi i contadini vengono a sapere che la terra verrà loro assegnata. Probabilmente si tratta della riforma agraria attuata nel 1950. Ma Michele Rende si spiega la cosa con la lotta di classe: - Michele, lo sai che ci danno la terra? Se è per paura o per amore non lo so, ma ce la danno. - Per paura, per paura.


Il film, dunque, è fondato sull'assunto "realistico" del quale i critici hanno parlato anche a proposito del romanzo di Berto. Un bracciante diventa brigante, si mette cioè contro la legge e contro la stessa comunità alla quale appartiene, perché la società capitalistica non è in grado di mantenere le promesse di giustizia e di libertà che la sua classe dirigente ha fatto alla caduta del fascismo.


Ci sono, nel film, momenti simbolici (peraltro poco gradevoli) molto significativi a questo proposito. Si pensi al finale del film: Michele viene ucciso da un appuntato dei carabinieri, il quale a sua volta ha visto morire, per mano dello stesso Michele, un altro carabiniere. Per di più questo carabiniere, l'appuntato Fimiani, ha perduto il posto perché è stato accusato di aver lasciato fuggire il brigante (e forse l'ha davvero lasciato fuggire). L'amministratore delle terre del barone, don Francesco Tomea, divenuto sindaco, sembra cadere sotto i colpi di Michele Rende sul balcone del municipio. Ma non è morto, si è solo scansato ed è stato protetto dall'insegna del Comune.


Il film è dunque sotteso da un assunto: si diventa briganti perché non è possibile agire bene. Far del bene agli altri, amarli (Michele ama donna Giulia), aiutarli a conservare la terra per vivere (Michele offre al padre di Nino di lavorare con lui per evitare che la terra gli venga tolta), dedicarsi alla collettività (organizzando l'occupazione delle terre incolte) non è che una lotta impari contro le forze del male, rappresentate dai proprietari terrieri e da coloro che sono al suo servizio (gli amministratori, i podestà, i sindaci, le guardie armate dai proprietari). Ed è una lotta nella quale si è inevitabilmente destinati a soccombere, dapprima diventando briganti, ovvero mettendosi fuori legge, poi in quanto si viene fisicamente soppressi, uccisi, dai carabinieri che, per quanto siano figli del popolo come i contadini, indossano una divisa (come dice a Michele l'appuntato Fimiani) e quindi sono al servizio dello Stato e delle classi dominanti.


Ne risulta un film a tesi, come diceva Rossellini, che non ha nulla a che vedere con il neorealismo. Perché si tratta di un lavoro a carattere didascalico, che cerca di utilizzare le vicende che narra come strumento per guidare lo spettatore verso un'interpretazione predeterminata del fenomeno del brigantaggio. Questa interpretazione, a sua volta, viene da un'ideologia, l'ideologia marxista che ha visto nell'occupazione delle terre e nelle "lotte contadine" un episodio della lotta di classe, della lotta condotta dai braccianti (Michele è appunto un bracciante) e dai loro alleati (i contadini poveri e soprattutto gli affittuari nullatenenti) contro i proprietari terrieri.